“…Considerare il problema sullo stress sul lavoro può voler dire una maggioreefficienza e un deciso miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con conseguenti benefici economici e sociali per le aziende, i lavoratori e la società nel suo insieme …”. 1

Alla luce dell’obiettivo dell’Accordo europeo sullo stress sul lavoro del 2004, recepito dal D. Lgs. 81/08, di offrire ai datori di lavoro e ai lavoratoriun modello che consenta di individuare, prevenire e gestire i problemi
di stress da lavoro, la Commissione consultiva ha emanatole indicazioni minime necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro correlato. L’attuale quadro normativo di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, costituito dal Decreto legislativo 81/08 e s.m.i., ha specificatamente individuato lo “stress lavoro correlato” come uno dei rischi oggetto, sia di valutazione, secondo i contenuti dell’accordo europeo del 2004, sia di una conseguente ed adeguata gestione dello stesso. Inoltre, ha demandato alla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro il compito di “elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio stress lavoro-correlato”, successivamente emanate il 17/11/2010.

Da tali indicazioni l’Inail ha elaborato uno specifico manuale che indica in modo preciso e coordinato le adeguate metodologie d’intervento per l’effettuazione di un’analisi seria ed approfondita e le eventuali azioni da intraprendere da parte delle aziende. Lo stress è la reazione avversa ad eccessive pressioni o ad altro tipo di richieste; esiste, comunque, una profonda differenza tra il concetto di “pressione”, fattore talvolta positivo e motivante, e lo stress che insorge quando il peso di tale pressione diventa eccessivo.

Lo stress lavoro-correlato produce effetti negativi sull’azienda in termini di impegno del lavoratore, prestazione e produttività del personale, incidenti causati da errore umano, turnover del personale e abbandono precoce, tassi di presenza, soddisfazione per il lavoro e potenziali implicazioni legali. Adottare provvedimenti per la gestione delle cause dello stress lavoro-correlato rende possibile prevenire o, quanto meno, ridurre l’impatto che
tale rischio può avere sui lavoratori e sull’azienda anche in termini di produttività.

Tutto questo per le attività svolte “a terra”. Per quanto riguarda i lavoratori imbarcati su navi mercantili e/o da pesca questo non vale. Il Decreto legislativo 27/07/1999 n. 271 che disciplina la sicurezza sul lavoro nelle attività lavorative a bordo delle navi non ha avuto modo disciplinare una problematica rivelata nell’accordo europeo di cinque anni dopo. Il D. Lgs. 81/08, al comma 1 dell’Art. 28, indica che l’analisi dei rischi deve “… riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004”. Nonostante quanto indicato al comma 2 del art. 3 dello stesso decreto “ …Con i successivi decreti, da emanare entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, … , si provvede a dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271 …”, attualmente si sta cercando di integrare il Decreto 271/99 all’interno del Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro.

Questa mancanza di integrazione può far emergere il problema legato alla mancanza del rispetto dell’obbligo di valutazione di stress lavoro-correlato; sebbene all’Art. 5 – comma 1 del 271/99 venga genericamente indicato che sono attuate tutte le misure di tutela: “a) valutazione delle situazioni di rischio per la salute e la sicurezza, connesse all’esercizio dell’attività lavorativa a bordo;” la mancanza di un chiaro riferimento alla valutazione stress lavoro-correlato può impedire che questa venga svolta e venga svolta in modo adeguato.

Come già detto lo stress lavoro-correlato può essere un nemico subdolo per il lavoratore; a bordo di una nave esistono fattori di stress aggiuntivi che nei normali lavori “terrestri” non sono presenti.  Fattori come i
lunghi periodi di lontananza da casa, dagli affetti, dalle amicizie e dalla normale socialità dell’individuo; la routinarietà del lavoro, che si ripete giornalmente per alcuni mesi consecutivi; la mancanza di alternative alla routine giornaliera dovuta all’impossibilità di “sfuggire” dal luogo di lavoro e di vita; la presenza di fattori ambientali mutevoli che si ripercuotono sulla psiche, basti pensare soltanto alla presenza del moto ondoso e, in ultimo, il continuo turn-over che rende impossibile anche eventuali legami extra lavorativi stabili.

Può sembrare paradossale, ma è proprio nei momenti di riposo che è facilmente evidenziabile la presenza di un alto tasso di stress nell’individuo: si enfatizzano quelle mancanze che portano il lavoratore a caricarsi di “negatività”, anche somatizzabili, e che possono poi manifestarsi durante i periodi di lavoro con evidente pregiudizio sui livelli di attenzione e concentrazione dovuti. Mentre nello svolgimento di un lavoro tradizionale può essere possibile attenuare gli eventuali effetti dello stress lavoro-correlato nell’ambito della famiglia e del tempo libero, utilizzando i periodi di riposo come fisiologica “valvola di sfogo”, nel lavoro marittimo questa “valvola di sfogo” rimane chiusa creando l’effetto di sommare, allo stress lavoro-correlato, uno stress aggiuntivo.

Nella mia esperienza personale, le parole come “gabbia” e “prigione” spesso si possono udire a bordo; sono parole che sintetizzano in modo molto chiaro lo stato d’animo di persone che svolgono questo tipo di attività in modo continuativo. Definizioni che rendono molto chiaramente l’impossibilità per questi lavoratori di trovare quello “sfogo” che consentirebbe loro di lenire i carichi di stress che, comunque, sono certamente presenti.
Tutta questa serie di fattori quindi possono andare ad aggiungersi a quelli per i lavori a terra elencati nelle linee guida emanate per la gestione del rischio stress lavoro-correlato; fattori che ritengo che possano essere in grado di “ingigantire” il fenomeno in un ambiente di lavoro che obbliga il lavoratore a ventiquattro ore al giorno di “presenza”, senza soluzione di continuità, a eccezione dell’ovvio periodo di riposo che può, comunque, essere ridotto o impedito a causa di eventuali, ma possibili, emergenze a bordo.

Ecco quindi come a seguito di queste brevee semplice analisi, l’integrazione tra il Decreto 271/99 ed il Decreto 81/08, possa essere considerata da parte come necessaria. L’adozione di analisi previste sullo stress lavoro correlato previste dal TU, anche a bordo delle navi mercantili e da pesca, e le conseguenti e probabiliazioni correttive, potrebbero ridurre anche quegli elementi di stress “alternativi” che sono presenti a bordo di una nave. Consentire di limitare gli effetti, anche psicologici, di un lavoro molto duro che enfatizza questa sua durezza proprio in virtù di quelle condizioni, tipiche dei lavori svolti in ambienti di vita confinati e lontani da casa e dagli affetti.

Note:
1. Accordo europeo sullo stress sul lavoro
– Bruxelles, 8.10.2004

Bibliografia
INAIL – Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato – Manuale ad uso delle aziende in attuazione del D. Lgs.
81/08 e s.m.i.

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