Con il presente contributo, avvalendomi come di consueto della giurisprudenza, intendo offrire uno spunto di riflessione in merito ai limiti di responsabilità oggettiva del datore di lavoro nei confronti del dipendente che rimane vittima di “infortunio” sul lavoro per mano di terzi. Il caso è particolare, ma non del tutto sporadico, e riguarda una Guardia giurata aggredita e malmenata durante lo svolgimento del proprio turno di lavoro.

L’antefatto storico e motivi della decisione.

Una “guardia particolare giurata” impugnava la sentenza del Tribunale di Latina che aveva respinto la sua domanda volta al risarcimento del danno biologico – articolo 2087 Codice civile [1] – non ravvisando alcuna colpa a carico del datore di lavoro nell’infortunio da lui subito «mentre svolgeva il servizio notturno di vigilanza e pattugliamento», quando fu aggredito e malmenato da alcuni giovani che in precedenza ne avevano speronato l’auto di servizio su cui si trovava costringendolo a fermarsi.

In seguito alle percosse subite, la vittima deduceva di avere riportato lesioni permanenti e che il Tribunale aveva erroneamente rigettato il ricorso giacché l’infortunio occorso era stato determinato da un fatto costituente reato commesso da terzi, senza dunque che al datore di lavoro potesse addebitarsi alcun tipo di responsabilità.

Lo stesso appellante censurava la sentenza in oggetto sotto vari profili, evidenziando, inoltre, come il Tribunale avesse rigettato la domanda sebbene il datore di lavoro non avesse adottato tutte le cautele necessarie a evitare l’evento dannoso, non avendo, in particolare, inviato altri colleghi (guardie giurate) sul luogo per coadiuvare la medesima vittima. Da precisare che anche la Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 13 giugno 2008, rigettava il gravame e compensava le spese; pertanto da determinare ricorso per cassazione.

In buona sostanza con il primo motivo il ricorrente lamenta che l’articolo 2087 Codice civile, configurando una responsabilità contrattuale, impone al lavoratore danneggiato solo di dimostrare la fonte del suo diritto, il danno subito e la sua riconducibilità al titolo dell’obbligazione, mentre grava sul datore di lavoro l’onere di aver adottato ogni cautela al fine di evitare il danno, o che lo stesso è derivato da causa a lui non imputabile. Deduce, inoltre, che nell’evento chiamato a presidiare, alcuni giovani già avevano aggredito due persone all’interno del parco, sicché l’azienda avrebbe dovuto attivarsi per predisporre ulteriori misure di sicurezza.

Secondo la Corte Regolatrice il motivo è in parte inammissibile, laddove richiede alla Corte stessa una diversa vantazione delle circostanze di fatto e delle risultanze istruttorie, e per il resto infondato. «Ed infatti, seppure è vero che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che può sussistere (cfr. tuttavia, contra: Cass. n. 25883/08; Cass. n. 15350/01; Cass. n. 11710/98) la responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., anche laddove l’evento dannoso sia derivato dall’azione, anche delittuosa, di terzi, è altrettanto vero che il fondamento della responsabilità è sempre stato ravvisato in un elemento colposo di questi, così come, nel  caso della rapina, allorquando pur a fronte di ripetuti e denunciati episodi criminali, la datrice di lavoro non abbia adottato alcuna misura idonea ad evitare il danno (cfr.  Cass.  n.  21479/05; Cass. n. 8230/03; Cass. n. 14469/00)».

Ebbene, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale in esame, con riferimento alla tutela dell’integrità fisiopsichica dei lavoratori dipendenti dalle aggressioni conseguenti all’attività criminosa di terzi, emerge come l’ampio ambito applicativo dell’articolo 2087 Codice civile non può essere dilatato fino a comprendervi ogni ipotesi di danno (cfr. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 12089/2013; Camera di Consiglio del 19 febbraio 2013; deposito in Cancelleria del 17 maggio 2013, in Utet Giuridica).

Note [1]. Cfr. Articolo 2087 Codice civile: «Tutela delle condizioni di lavoro. L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».

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